domenica 7 dicembre 2014

Nori De' Nobili

Eleonora De' Nobili  Pesaro,17 dicembre 1902,  Modena, 12 giugno 1968. Artista.

Pallida fronte sotto scura chioma
occhi incavati in espression febbrile
torbido sguardo contro il mondo vile
tragica donna, che non fu mai doma. 
-Quaderni-

Il luogo: Museo Nori De' Nobili  ovvero:
               "Centro studi sulla donna nelle arti visive contemporanee" 
               Villino Romualdo, Ripe - comune di Trecastelli-  AN Marche-
orari: 
Martedì 10:30-12:30  Sabato: 10:30-12:30 pom. 17:00-19:30   Domenica:17:00-19:30  
             

Eventi:   Mostra permanente dedicata a Nora de'Nobili.
               14 novembre/14 dicembre:  "La viaggiatrice immobile" -mostra-
             
Approfitto del minimo spazio vitale che occupo sul web per promuovere anche io, e nei limiti del mio possibile, il "destino" artistico di questa donna, che ho incrociato per caso grazie al consiglio di una amica. Con la stessa logica rivolgo lo stesso invito a chiunque leggerà il post,ovvero, andate a visitare il museo e tenetevi informati sugli eventi che di vota in volta verranno organizzati in questa sede. 

Questo il manifesto dell'evento attualmente in corso. 
Partirei da molto lontano, ovvero dal principio, cioè "il" luogo.

Quasi notte, clima mite, vento quanto basta. Suono di campane che ferma il tempo e lo porta da un'altra parte. Nei paesi è un po' così. Ripe è un posto magico, perché magici sono i luoghi che ancora custodiscono castelli, testimoni di passati remoti e di fiabe, che tanto spazio hanno avuto nella mente di noi umani del secolo scorso, un secolo che non ha saputo rinunciare a fate e cavalieri, inclusi gli innumerevoli effetti collaterali che il secolo attuale ci sta aiutando a curare attraverso dosi massicce di cinismo, nichilismo, chiusura verso il prossimo pur nella culla illusoria del web che tutti "lega", fra uno schermo e l'altro, senza contare il gelo delle intenzioni, che non vogliono andare oltre ciò che serve e fa comodo. Ancora effetti collaterali! perché ciò che serve è un concetto manipolato dall'alto, e può succedere che ci renda servi a nostra insaputa, come va tanto di moda ultimamente.  
Anche il concetto di "interessi" è  destinato ad una quantità di ambigue sfumature. 
"Quello che non ho, è ciò che non mi manca" cantava la canzone,  ma non è sempre vero, non per tutti. 

Il senso ultimo della condivisione, o l'isolamento, il ricorso a codici non condivisi, non compresi, non voluti, vietati da convenzioni solide come il cemento armato,  e poi le estreme misure di estremi confini. L'abbiamo chiamata "pazzia" perché era un modo come un altro per creare un confine, e situarci di qua da esso. Esiste tutta una letteratura su questo particolare argomento. Lettere propriamente dette, così come lettere scientifiche, psicanalitiche, pittoriche, cinematografiche, teatrali, infine, banalmente umane, quando la strana malattia si è accontentata di consumare il malcapitato senza renderlo "creativo". 

I pazzi finiscono in manicomio e a volte, col senno di poi -il senno degli altri in questo caso- in qualche museo. I "normali" vanno al museo per contemplare i pazzi. Per strada non escludo che continuerebbero a scansarli, ma messi lì, in apposita cornice, al D'Orsay, o in ogni dove, vengono nobilitati, acquistando infine, diritto di cittadinanza fra le nostre rigide regole e consuetudini. Da morti sembrano tutti più sopportabili e quando finisce su tela, persino la follia può diventare affascinante agli occhi di chi non la conosce se non per sentito dire. 
Vero anche che "la donna", concetto vago, praticamente banale per quanto è strumentalizzato di continuo, non lo dico io ma un bancale di libri e documenti, deve sempre crearsi sentieri paralleli. Le conquiste degli altri, più quelle che l'altro sesso ha avuto in dotazione dalla nascita, e stupido è chi svuota il peso di simili realtà, che ancora oggi esistono, e non solo sotto i vari burqa. 

Potrei farla ancora tanto lunga, ma non è il caso. Potrei raccontare la vita dell'artista, ma la trovate cliccando al link al museo, che ripropongo anche qui: http://www.museonoridenobili.it/

Ritratto di donna con pelliccia. 1924
Conviene, almeno la prima volta, guardare i quadri seguendo il percorso in senso orario, cioè iniziando da destra, una volta salite le scale. (dalla stanza in cui si trova il quadro in foto). A seguire, otto ambienti, che chiamo "stanza" in riferimento al senso poetico del termine. Ogni luogo una strofa, fino alla fine di questa esistenza tormentata che considero poesia della modernità. 
I quadri illustrati sono frutto di una selezione eseguita dal museo, e seguono un ordine cronologico, che tiene conto del percorso psicologico dell'artista. 

La prima sala -15 tele-  è quella degli inizi, dei ritratti ad amici e fratelli. Poi gli studi a bottega, dai macchiaioli. A seguire, il segno tangibile di un modo più consapevole di elaborare il colore e di scegliere soggetti. Mi sembra che, a dispetto del fatto che sia agli inizi, Nori dimostri già un occhio allenato ed una mano capace nei confronti della pittura. 
Le date indicate, risalgono agli anni venti e trenta. 

Nella seconda stanza -4 tele- i primi autoritratti. Qualcosa mi ha fatto pensare a Frida Kahlo prima di leggere su un foglio preso all'ingresso che anche altri hanno fatto questa associazione. Scrive Annalisa Filonzi che le due donne condividono a suo avviso, uno stato di marginalità perché donne in contesti nei quali solo gli uomini hanno diritto alle ambizioni (America latina-Italia), e la condizione di prigionia, una nel suo corpo (per via delle cagionevoli condizioni di salute), l'altra in manicomio (per trent'anni). 
Qui le date risalgono agli anni quaranta. ('43 per l'esattezza) 

particolare. 
Nella terza stanza -5 tele- mi colpisce la specularità di due dipinti. In uno c'è lei che suona il pianoforte, nell'altro, c'è lei che suona, con abiti maschili, il violino (Di nuovo un pensiero a Frida, che amava  travestirsi da uomo). I due lavori sono vicini, ed ho avuto l'impressione di uno specchio nello specchio. 

Nella quarta stanza, che in realtà è un corridoio, sono rimasta qualche minuto in più. La sua presenza sulla tela è fredda, distante. In un personaggio mi sembra di riconoscere Gide, ma è solo una mia sensazione che rimando a Tamara De Lempicka.  

Nella quinta stanza -tre tele- Tema: le bambole.... ed intuibili associazioni col "ruolo sociale" della donna, e del modo nel quale viene cresciuta. Forse la parte che meno mi entusiasma. 

Nella sesta stanza -7 tele- Questo il lavoro che mi è rimasto di più:  

Cambia spesso acconciatura e colore di capelli nelle tele, idem per gli abiti. Le ciglia sembrano ali di gabbiano, e somigliano alla moda del tempo. Nell'insieme, pose e abiti mi fanno pensare al teatro, alla necessaria messa in scena sociale. 

Nella settima stanza -12 tele- L'elemento che torna più volte è la presenza dei gatti, ancora una volta... con presumibili riferimenti simbolici. Se il cane evoca fedeltà, il gatto è libertà, indomabilità - vedi versi iniziali- e fascino del mistero di occhi misteriosi. 

Nell'ottava ed ultima stanza -13 tele- mi colpisce il più piccolo dei quadri, che poi è l'ultimo, ma anche il primo per chi sale dal piano sottostante, e non sa ancora da che parte orienterà il suo percorso. Si tratta di una lastra medica attraverso la quale, la donna scopre di avere un tumore, che la ucciderà nel 1968, anno delle grandi rivoluzioni...degli altri, fuori dalle pareti del manicomio. Nori accetta la sua malattia, rifiuta le cure e ci disegna due simboli che sanno di liberazione e struggimento, insieme. 
L'artista Simona Bramati racconta Nori. 
Al primo piano dello stabile, la mostra temporanea: "La viaggiatrice immobile", ovvero quattro artisti leggono e raccontano attraverso l'arte, le impressioni che la mostra del piano di sopra ha impresso nelle loro menti. In foto, la rivisitazione di Simona Bramati. 



Infine, ho avuto la fortuna di incontrare Maria Mulas, fotografa con un curriculum impressionante, amica di gente come Andy Warhol, da lei fotografato, e persona molto ironica e disponibile.

"Le fotografie di ritratti di Maria Mulas non sono soltanto la registrazione tecnica di una fisionomia-di una faccia, di un corpo. Si potrebbe dire che nei suoi ritratti più belli si mette in scena un affetto. Questi ritratti sono il frutto di un incontro. L'altro si fa avanti, si offre allo sguardo che pretende di vederlo e di conoscerlo." Da:(www.spaziotadini.it/Mulas.htm)  

Banalmente, è stato bello essere lì. Non sto promuovendo alcun senso di pietà, che nessuna intelligenza merita, non mi interessa l'etichetta di "follia". Ne parlo per naturale empatia nei suoi confronti, e per la bellezza che trovo dei suoi lavori. Penso meritino notorietà. Forse in passato, sarebbe emersa prima se si fosse chiamata Mario? Poco importa. Ora c'è, ed è custodita in un nuovo stabile a lei consacrato da soli due anni. Non più un manicomio, ma un magnifico luogo che a costo di sembrare insistente, vi consiglio di visitare.



link al profilo twitter.

Altri link dedicati a Nori De Nobili: 

Nori ospita Frida (Kahlo) ... (28 settembre 2017)

Nori ospita Madri coraggio (Desaparecidos) (20 maggio 2016)


Arte a parte.  (1 dicembre 2016) 
In tempi duri dobbiamo avere sogni duri, sogni reali, 
quelli che, se ci daremo da fare, si avvereranno.
 Clarissa Pinkola Estés

Mirella Bentivoglio. (27 maggio 2015)
L’arte non è mai una risposta, 
è una domanda.
A.B. Oliva

Nori, donna tra le donne. (15 marzo 2015)
Il viaggiatore viaggia solo, e non lo fa per tornare contento,
lui viaggia perché di mestiere ha scelto il mestiere di vento. 
-Mercanti di liquore - Il viaggiatore. 

Nori De Nobili (7 dicembre 2014)
Pallida fronte sotto scura chioma
occhi incavati in espression febbrile
torbido sguardo contro il mondo vile
tragica donna, che non fu mai doma. 
-Quaderni-

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