domenica 15 marzo 2015

Nori, donna tra le donne.

Il viaggiatore viaggia solo, e non lo fa per tornare contento,
lui viaggia perché di mestiere ha scelto il mestiere di vento. 
-Mercanti di liquore - Il viaggiatore. 
Scelgo questa immagine perché ci trovo un po' di me.
Passato l’otto marzo e relative malformazioni, rimangono il nove, il dieci, il resto dei mesi e dell’anno, per occuparsi di “umanità” al netto di materia. L’enfasi e lo scivolone sono due facce della stessa medaglia per quanto mi riguarda, ed è giusto temerle, pur cosciente di trattare qui argomenti molto caratterizzati da un lessico specifico dal quale fatico ad uscire, anche se così com’è, il più delle volte, mi sta stretto.

Sento di dover precisare che non ho scelto Nori perché donna, non per la pietà che si potrebbe avere per chi finisce recluso in manicomio, non l’ho scelta solo perché pittrice; l’ho scelta perché il giorno del nostro primo incontro, l’insieme della sua essenza, che tutto ciò include, ma non preclude il resto, è giunto a me, passando da un volantino visto in biblioteca e poi dimenticato, ritrovato per voce di un’amica che mi ha caldamente consigliato di andare a vedere questa mostra, e poi dal caso, che quel giorno mi ha portata a Ripe –Trecastelli- (Marche), e mi ha permesso l’incontro diretto con l’artista, con le sue energie –plurale- espresse a colori su tele, cartoni, compensati, fogli, e usando olio e tecniche varie. Di Nori, amo la complessità dell’intelligenza, che considero asessuata. L’amerei anche se in vita fosse stata un uomo.

Ho voglia di cedere alla tentazione di archiviare la questione “femminista”, che sarebbe emancipazione (dicevo...un lessico specifico...) ma alla fine della mostra, mi arriva come un pugno, un verbo che trovo fastidiosissimo da sopportare, e che lei stessa ha usato per raccontarsi, a conclusione di una poesia: “…Che mai fu doma”. Perché, fra tutti, il verbo “domare”? Ed ecco che donne ed animali, convergono in un’insidiosa parola. E’ fastidioso, ma dobbiamo fidarci dell’evidenza, perché a dirlo è una donna nobile, dunque colta, che non sta parlando distrattamente con qualcuno al bar, e che sta raccontandosi in veste di poeta, dunque soppesando ogni parola. Ha scelto quel verbo animale, fra mille possibili modi di raccontare la sua condizione, dunque non può che essere qualcosa di sentito e reale, perché ne nega l’essenza. Lei non fu mai doma, come non lo furono certi cavalli, o i gatti che, numerosi, compaiono nei suoi lavori. Inutile anche ricorrere all’anacronismo. Nori è morta nel 1968, quindi non è un tempo così lontano da concedere a noi, la tregua di sentirci troppo altrove, e tanto ci basti per accettare che se l’otto marzo ancora esiste, è perché ancora se ne ha necessità, e questo mi sembra prescindere molto chiaramente dalla Cotton ed eventuali mistificazioni o falsi storici. Prescinde dagli spogliarelli, dalle mimose, e da tutte le manfrine che ogni anno ci tocca sentire all'insegna del discredito gratuito dell’otto marzo.

Non fu mai “doma”, dicevamo. Anzi no, l’ha detto lei. Donna-Mai-Doma. Questa si chiama personalità, coscienza, intelligenza, rifiuto di sottomissione ed impossibilità di scendere a compromessi… uguale carisma, uguale manicomio. Se non sei come gli altri, sei altro da loro, e non sempre alle due nature è permesso di coesistere. La storia ci mostra a che livello ciò sia eternamente vero e meschino. I matti, i Rom, gli immigrati, sono solo varianti di uno stesso disco, ovvero, di una stessa linea di confine che ha bisogno di due schieramenti nettamente contrapposti; Il giusto da una parte, e lo sbagliato dall'altra parte. In mezzo, una quantità di terra arida ed impercorribile.

Il luogo del manicomio, così come la follia, concetto astratto, crea fascinazione per chi lo vive da fuori. Alda Merini può bastare? Van Gogh e le file al museo per il suo orecchio tagliato? Per chi vive lì dentro, mi chiedo, cosa significa “Manicomio”? Ancora…Alda Merini. “Adèle H”, film del 1975 di François Truffaut dedicato ad una delle figlie di Victor Hugo, racconta i meccanismi dell’ossessione. Lo stesso fa la più attuale Alina Marazzi, parlando di sua madre, nel meraviglioso “Un’ora sola ti vorrei”, del 2002, e poi il passato remoto di Gérard De Nerval e le sue passeggiate con un gambero al guinzaglio, la coscienza del sogno che defluiva inarrestabile nella vita, fino a condurlo al suicidio...

Nori De Nobili dà una narrazione molto complessa di questo non luogo, poiché ponderata e anche lucida. Sappiamo del suo internamento, perché ci è detto, in caso contrario, non l’avremmo dato per scontato. E anche, non dipinge con l’intento di organizzare mostre a fine anno, non vende, non so se e quanto avesse coscienza di possedere un potenziale. Di certo, aveva davanti agli occhi un panorama pittorico colmo di maschi, e forse non si aspettava granché. Forse, in quel lunghissimo scorrere di ore, giorni e mesi, dentro una stanza di manicomio che, da ricca poteva permettersi di non condividere con nessuno, il colore serviva di rimando ai suoi occhi, per non morire per sempre, e l’ossessione dello specchio, ovvero dell’autoritratto, ha qualcosa dell’indagine che faceva di sé alla ricerca, chi lo sa? Di tracce (che sapeva di lasciarci nel momento in cui si adoperava a cercare?)  di evidenze, di denuncia, ma sottile, da indovinare e cercare a posteriori, a limite. Forse. Il sogno ultimo dei rebus, è pur sempre quello di essere decifrati.  

Uno “stato in luogo” e un luogo chiuso, di non ritorno, quale è il manicomio, cede il passo ad uno “moto a luogo”, che è il museo, spazio aperto, luminoso, e sereno, nel quale, non solo non si è reclusi, ma si è inclusi, si diventa, per il tempo che si vuole, parte di un’essenza, non solo una in verità.Complessi sono i sentimenti che nutriamo nei confronti del fine vita. Sappiamo solo che, così come la conosciamo, la vita finisce. Si smette di respirare, di pensare, finisce il dramma della linea, delle forme, del passo, del testo e del contesto, e si finisce altrove, ma non si sa bene dove. Fantastici aldilà, o tragici finali, a seconda di chi li concepisce. Poco importa. Al momento, i soli a tornare davvero, sono stati gli artisti.

Tornano, in genere, quando chi vive si interessa a loro. Tornano quando un paese si prende la briga di dedicare un luogo spazioso e bello come il Villino Romualdo, a museo stabile finalmente intitolato ad una donna, che fu Nori De Nobili, e che per molti ancora è. Lì dentro, e solo lì dentro, passando di custodia in custodia, Nori ha lasciato la follia, e si è aperta alla luce, se per luce intendiamo la comprensione degli altri, e per follia, l’isolamento imposto a chi non ha avuto troppa scelta. Al museo, matti e normali, possono serenamente convivere, e guardando, guardarsi.

Un pensiero di gratitudine va ai ragazzi che si occupano del museo che, ogni volta, raccontano ai passanti di turno, la storia di una vita, che si mischia con la propria, con le loro conoscenze, accumulate con anni di studio, coi loro gusti umani ed artistici, e al netto del dovere, ci mettono un calore ed una competenza che mi sento di lodare. Siamo distanti anni luce dal lavoro “sicuro”, qui si vaga di progetto in progetto, e il futuro dura quei sei mesi, un anno, chi lo sa? Dipende dai concorsi, dal budget, dal vento che tira, dal numero di turisti, dalla crisi. Tante cose. Comunque, nonostante tutto, loro ci sono, e io glie ne rendo merito, perché vanno oltre il lavoro, e ne fanno una questione di interesse personale.  

Lo stabile è diviso in due piani. Al piano superiore, una quantità di dipinti raccontano il percorso formativo di Nori, seguendo un ordine a grandi linee, cronologico. Al piano terra, cioè vicino all’ingresso, ci sono mostre temporanee, nelle quali, altri artisti raccontano coi loro codici interpretativi, la percezione che hanno avuto di Nori De Nobili.
Al momento, e fino al tre maggio, si tiene la mostra: “Nori, donna tra le donne”, inaugurata l’otto marzo. Nove artiste di rilievo, hanno rivisitato la figura umana ed artistica di Nori, e i lavori esposti risalgono tutti agli anni novanta. L’intento è quello di sottolineare che già da allora, e grazie anche a queste artiste, si è potuto portare su Nori l’attenzione che meritava e che, infine, ha avuto.

Potrei raccontare molto di più sui dipinti, su quello che ho sentito, su quello che troverete, ma è un viaggio individuale, ed il mio percorso finisce se e quando vi ho istillato almeno la curiosità di andare a trovarla che, abbiamo detto, è un po’ farla tornare.

Sentitevi liberi di condividere il post, materialmente, o anche solo a voce. Che arrivi… così come è arrivato a me grazie alla voce degli altri.  


Pallida fronte sotto scura chioma
occhi incavati in espression febbrile
torbido sguardo contro il mondo vile
tragica donna, che non fu mai doma. 
-Quaderni-


Adesso, se vi va, questa canzone, che uno dei ragazzi del museo mi ha fatto conoscere durante una delle mie visite al museo di Nori. Vorrei sapere il suo nome, ma non lo so.
Mercanti di liquore, il viaggiatore.

Il viaggio non è l'emozione di attimi pericolosi 
il viaggio è la gioia del tempo 
pericolo è stare rinchiusi 

Direzione casuale, non prevede sosta 
chi viaggia odia l'estate 
l'estate appartiene al turista 

Il viaggiatore viaggia solo 
e non lo fa per tornare contento 
lui viaggia perché di mestiere ha scelto il mestiere di vento. 


Mischiare presente e ricordi, le strade possibili fatte 
fu forse salsedine o neve 
fu forse ponente o levante 

L'amore lasciato sospeso, qualcuno ne approfitterà
ma questo riguarda il ritorno 
remota possibilità 

Il viaggiatore viaggia solo 
e non lo fa per tornare contento 
lui viaggia perché di mestiere ha scelto il mestiere di vento. 


Se impari la strada a memoria di certo non trovi granché 
se invece smarrisci la rotta 
il mondo è lì tutto per te 

Paese significa storia e storia significa lingua 
impara la tua direzione 
da gente che non ti somiglia 

Il viaggiatore viaggia solo 
e non lo fa per tornare contento 
lui viaggia perché di mestiere ha scelto il mestiere di vento.




Altri link dedicati a Nori De Nobili: 

Nori ospita madri coraggio. (20 maggio 2016) 


Arte a parte.  (1 dicembre 2015) 
In tempi duri dobbiamo avere sogni duri, sogni reali, 
quelli che, se ci daremo da fare, si avvereranno.
 Clarissa Pinkola Estés

Mirella Bentivoglio. (27 maggio 2015)
L’arte non è mai una risposta, 
è una domanda.
A.B. Oliva
Nori, donna fra le donne. (15 maggio 2015) 
Il viaggiatore viaggia solo, e non lo fa per tornare contento,
lui viaggia perché di mestiere ha scelto il mestiere di vento. 
-Mercanti di liquore - Il viaggiatore.


Nori De Nobili.  (7 dicembre 2014) 
Pallida fronte sotto scura chioma
occhi incavati in espression febbrile
torbido sguardo contro il mondo vile
tragica donna, che non fu mai doma. 
-Quaderni-



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