giovedì 28 maggio 2015

Mirella Bentivoglio.

... Ospite al museo Nori De' Nobili fino al 5 luglio 2015. 
L’arte non è mai una risposta, 
è una domanda.
A.B. Oliva

il volto e il nome, la maschera e i suoi lacci” 
è il titolo dell'opera sulla locandina.
Anno di realizzazione: 1989. 

La mostra prosegue fino al 5 luglio 2015 alle 21:30. 
Martedì e Sabato: Ore 10:30/12:30  
Sabato e domenica pomeriggio: ore: 17:00/19:30
Ingresso gratuito.
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L'intento di questo scritto è di raccontare qualche impressione sulla mostra temporanea al museo Nori De’Nobili dedicata a Mirella Bentivoglio, di cui sapevo poco o nulla prima di questa occasione.
Ancora una volta abuso della disponibilità di Simona Zava, che è la curatrice della mostra, e che come sempre si presta ad illuminare il passante di turno; non contenta, sfrutto anche la presenza di Emiliano Zucchini. Ci scambiamo pareri riflettendo sulle opere, ed ascolto quanto hanno da dirmi in materia, pensando come già in passato, che questo museo è un bel posto nel quale trascorrere qualche ora ogni tanto.

La mostra è divisa in tre stanze, e giocando al gioco “verbale” che tanto ama la Bentivoglio, mi viene da notare che “stanza” sta anche per "strofa", quindi, in un certo senso, visitare la mostra equivale a percorrere gli spazi tridimensionali di una “poesia” irregolare (composta da 6, 13 e 19 versi, se decidiamo che ogni verso è un'opera) che ne racconta altre. Il caso vuole che anche il mio blog, in quanto "stanze" risulti funzionale al gioco.
Mirella Bentivoglio.
Un occhio sul depliant che ho in mano, e mi rendo conto che Mirella Bentivoglio, ha un volto affascinante e denso, di quelli che non tradiscono età, eppure ha più di novant’anni; è nata nel 1922 in Austria da padre italiano, ed ha studiato in Svizzera, in Italia ed anche in Inghilterra, ciò ha forse contribuito a fare di lei una mente “aperta” e cosmopolita. La mia mente invece, si è fissata su una data e grida “coincidenze! ...verificare!”, così appena torno a casa, vado a verificare, e trovo le coincidenze che mi era sembrato di sentire. Cose da nulla, tipo l’Ulisse di James Joyce, le Waste land di T.S.Eliot, la coscienza di Zeno di Italo Svevo, la morte di Marcel Proust, che lascia così incompiuta la Recherche, e poi le avanguardie pittoriche, quelle cinematografiche. Nosferatu di Murnau e l’espressionismo tedesco, Breton e il surrealismo, Dalì, Picasso, il conscio, l’inconscio, la fisica di Einstein, che vince il premio Nobel, Benito Mussolini e la marcia su Roma. Tutto racchiuso in quattro cifre: 1922.
"Due donne che corrono" 
Pablo Picasso
1922. 
Fra le coincidenze che la mente mi chiede di verificare, c’è anche un possibile punto di incontro fra Nori e Mirella. Nori, nata a inizio secolo, muore nel 1968 per via di un tumore. Come è noto passa molti anni in manicomio, nel chiuso di un ambiente asfissiante e “circolare” giacché non prevede aperture all’esterno, praticamente l’opposto rispetto alla Bentivoglio, ancora lucida ed operativa, dallo sguardo sereno, "compiuto" direi.
Da una parte immagino l'autoritratto di Nori, che riflette il suo mondo e quello degli altri, dall'altro vedo lo studio e la pratica delle neo avanguardie per Mirella, che a questo destino sembrava predestinata per diritto di nascita.
Il gioco degli specchi somiglia a volte, ad una forma di vanità, tuttavia, non resisto alla tentazione, e mi trovo davanti a due donne atipiche rispetto al loro tempo, due artiste quando la maggior parte delle donne erano legittimate ad essere al massimo creatrici del creato, attraverso il parto, cose da donna insomma. Poi ci sono le date. Il ventidue è quando Mirella viene al mondo, e il ventiquattro è quando Nori si trasferisce a Firenze con la famiglia, e "nasce", artisticamente stimolata dal contesto. Qui frequenta l’ambiente artistico dei macchiaioli, dei quali subisce l’influenza, cosa evidente soprattutto nelle tele del primo periodo.
Dovessi concedermi ulteriori “licenze poetiche”, direi che la vita di Mirella Bentivoglio evoca in me le suggestioni del vento, Nori invece, che considero sorella di altri tempi, mi porta le impressioni del fuoco su un groviglio di funi annodate che nessuno mai, nella storia dei mondi, ha saputo snodare.
Luce.
Costellazioni. 
Ruota.
Spezzata.
Madre.
Figlia.
Vissuta.
Consumata.
Viva.No.
Crea(a)zione.

"Per ogni persona c'è un'immagine da trovare che turberà l'intero universo"  Dora Maar
Dora Maar.
Fotomontaggio verso anni '30. 
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Attingo alle definizioni di Simona Zava per raccontare le ricerche dell’artista, iniziate in campo giornalistico, usando quindi una scrittura oggettiva, affatto artistica, sintetica, oltre che attenta al fatto concreto (Penso alla Fallaci che iniziò allo stesso modo), e poi si dà alle prime elaborazioni di poesia concreta in cui la parola ha più importanza rispetto all’immagine. Come realizza i suoi lavori? Con la tecnica del Collage e con tecniche grafiche. (Leggo dal web che questi procedimenti intendono recuperare tecniche già usate storicamente dalle arti minori, in cui il reale viene percepito in concreto, senza ricorrere all’illusione pittorica con l’intento di dar vita ad una tecnica pittorica in cui l’arte possa competere coi mezzi di comunicazione). In un secondo momento l’artista si occupa di Poesia visiva composta in egual misura da parole e da immagini, e sviluppa in seguito, una forma di poesia oggetto, ovvero oggetti verbalizzati, creando quindi una vera performance che si basa sull’uso “trasgressivo” della parola, nasce in questo modo la “poesia azione”.

La parola, così come la semplice lettera, diventa una costante che, proprio perché insistita, si erige a simbolo, una cassa di risonanza che si apre ai molteplici significati del termine, dei suoni che produce, spingendo il fruitore ad una riflessione metalinguistica, che passa cioè dalla lingua e dai suoi simboli grafici, per arrivare a significati più complessi, che si spingono fino all'alchimia (…del verbo, avrei scritto, ma avrei creato parentele con una poesia di Rimbaud che non mi sembra somigliare troppo allo spirito della Bentivoglio)

"...La O come lettera dell'alternativa. Come segno del tutto vuoto/tutto pieno, della regressione e della potenzialità. Come uovo archetipo, al quale hanno fatto riferimento prima di lei, grandi artisti come Beato Angelico e Piero della Francesca. L'uovo come "mio segno costante", dice l'autrice, "emblema della vita, simbolo cosmico della perpetuità e dell'origine".  L'uovo come simbolo e come oggetto del quotidiano. Come emblema filosofico e come commestibile che porta con sé il profumo delle faccende domestiche. Come significato alto e basso allo stesso tempo, inscindibili. L'uovo è una sorta di linea d'ombra. E' una soglia. Da una parte ci pone al riparo dagli "eccessi di anima" (Barilli) e dall'altra ci protegge dagli eccessi di materialismo dilagante." (Da : www.amnesiavivace.it )

Mirella Bentivoglio.
“All’inizio degli anni Settanta la presenza femminile nel panorama dell’arte era davvero sconfortante. Non per qualità delle opere, ma per consistenza del numero di artiste e per una seria difficoltà di accesso alle esposizioni, alla critica e al mercato. A quarant’anni di distanza la situazione è radicalmente cambiata, anche in Italia. Una parte del merito spetta sicuramente a Mirella Bentivoglio.” Da Donazione della Bentivoglio al Mart.

Mirella ha avuto un ruolo molto importante nello sdoganamento del “genere” nelle arti, e in una biennale a Venezia del 1978, nelle vesti di curatrice, ha presentato l'unica rassegna storica di ottanta artiste donne, fatto del tutto nuovo e coraggioso allora, inoltre ha esposto più volte alla National Museum of women in the arts a Washington, tuttavia, non ama pensarsi “femminista”, perché è convinta che uomini e donne abbiano le stesse abilità creative, a prescindere dal sesso. 
Sembra quasi contraddittorio il fatto di non invocare la bandiera femminista dopo aver presentato una biennale di sole donne, che quindi ha escluso gli uomini, ma il senso della provocazione è chiaro, così come lo sono le sue parole ed i suoi risultati concreti sul tema.


Colgo l'attimo per elencare qualche traccia di "pedigree" d'artista.
Mirella Bentivoglio partecipa a più di 800 mostre collettive;

Alla Biennale di Venezia partecipa nel 1969, 1972, 1978, 1980, 1986, 1995.
Alla Biennale di S. Paolo partecipa nel 1973, 1981, 1994.
A Documenta di Kassel nel 1982.
Al Centre Pompidou di Parigi nel 1978, 1981, 1982.
Alla XI quadriennale di Roma nel 1986.
Nella sezione Emergenze storiche di Peggy Guggenheim collection a Venezia nel 1994.

Inoltre realizza circa 60 personali in Italia, Spagna, Germania, Inghilterra, America del sud e del nord. La sua ultima mostra, si è tenuta al Museum of art di Pomona college di Clermont in California. (Gennaio-maggio 2015)

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Qualche riflessione su alcuni lavori visti, senza un ordine preciso.


L'ovo di Gubbio. Pietra. alto 230 centimetri. Anno 1976 
La parola "Ovo" è dialettale, forse l'artista ha preferito un riferimento alla lingua antica, quella che precede l'omologazione (necessaria) della lingua istituzionale, cioè l'italiano, che direbbe "Uovo", togliendo un po' di "rotondità" alla O che segue la prima lettera e che graficamente ricorda la sua opera. Lettera come materia.
Si tratta di un' istallazione di grandi dimensioni, a forma ovale composta da frammenti di sassi irregolari e di media grandezza. L’opera venne istallata a Gubbio vicino ad una chiesa a mattoncini rettangolari e stretti. Un giorno fu intaccata da un camion durante una maldestra retromarcia, e l'artista non volle riparare il danno, né creare una nuova scultura, perché quella, disse (a grandi linee), aveva compiuto il suo ciclo vitale, e dunque bisognava lasciarla tornare alla natura che l'aveva generata. Qualcosa di molto simile è successo quando la pioggia battente ha distrutto un suo lavoro dal titolo "Land art", un libro fatto con la terra. "La natura ha completato l’opera". 

Tornando all'Ovo di Gubbio, fra le simbologie possibili, l’artista include una intuibile associazione donna-fecondità, ma anche un meno intuibile riferimento alla lapidazione, che è il contrario della vita di cui prima."lapidazione" è un nome femminile singolare, ma è messa in pratica sistematicamente e secolarmente dagli uomini -plurale-, quasi sempre contro le donne, con pretesti "di fede"...un discorso tutto al maschile ("in nome del padre, del figlio e dello spirito santo" per quanto ci riguarda...in nome di Allah o chi per lui in altri contesti.) in pratica però, l'omicidio violento e sadico somiglia più  ad un istinto di dominio assoluto attraverso la paura, e quindi la sottomissione da imporre all'altro. La morte dell'una sia esempio per le altre, e le altre sono le madri, le mogli, le sorelle di chi nei secoli ha lanciato sassi contro la vita chiamandola legge o giustizia.
Questa è forse l'opera che più mi ha riguardato, perché è storia antica ma attualissima.  Un Ovo e un Sasso, incarnano per me gli estremi assoluti ai quali la natura e la civiltà "maschia" ci collocano da tempi immemori.

"Mirella Bentivoglio explores the relationship between language and image in her art. "Language is not only bureaucracy and power" she explains, "it belongs to history, to a domestic history where women had a large part. It is the women who give language to the human being in his first years of existence." 
Traduco: 
"Mirella Bentivoglio esplora la relazione fra linguaggio ed immagine nella sua arte. 'il linguaggio non è solo burocrazia e potere', spiega, "esso appartiene alla storia, alla storia domestica in cui la donne hanno avuto un grande ruolo. E' la donna che insegna il linguaggio all'essere umano nei suoi primi anni di vita" 
da: clara.nmwa.org
«C’è da credere a un rapporto profondo tra la donna e l’alfabeto, e non solo perché per prima ne trasmette la forma ai figli. »
(M.Bentivoglio, Introduzione a Materializzazione del linguaggio, Biennale di Venezia, 1978)



"Madre e materia hanno la stessa matrice, e la donna è stata emarginata nella materia, per la donna il linguaggio non era la burocrazia, o il potere, era la comunicazione, era il rapporto coi figli, e chi ha dato a lei il linguaggio? Era la donna! Perché era lei che lo dava, anche all’uomo, poi l’uomo ne faceva un uso, anche contro di lei, ma era lei .. per lei il linguaggio è un getto, è fisico"  Link a un video you tube dal titolo: "Lettere scarlatte VIII Biennale Donna Ferrara"
L'intervento dell'artista si trova verso il dodicesimo minuto. -consiglio di tornare sui link solo a fine lettura, per non perdere il filo. 
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Dorfles: « Cosa rappresenta ormai il libro stampato? Fino a quando questo curioso oggetto rettangolare e pesante gremito di piccoli caratteri grigi e monotoni continuerà a "informare" l'uomo attorno ai grandi e piccoli problemi della vita? Non mi sembra assurdo ne improbabile che già oggi è la TV, sono le scritte pubblicitarie, i cartelloni, il cinema, e in una parola, la ubiquitaria presenza d'immagini artificiali (o rese tali dalla loro riproduzione e trasmissione meccanica) a popolare l'universo urbano, a informare su ogni settore dell'attività umana, a sostituirsi alla parola scritta per trasformare sempre di più la nostra civiltà in un'epoca dominata dal culto e dal mito delle immagini.»   La battaglia che la superavanguardia sta oggi conducendo verte proprio su questo punto: fare uscire la poesia da quel "nascondiglio" che ormai rappresenta il libro per collocarla al livello dei mezzi di comunicazione di massa. Dal saggio di Lamberto Pignotti. (Link a fine post) 


“Il cuore della consumatrice ubbidiente” 1976.
Qui mi torna utile la riflessione che ho citato in merito al linguaggio nuovo, ibrido, e manipolatorio della pubblicità che oggi è il più praticato, subito, incontestato, e che quindi necessita della giusta diffidenza nella speranza di imparare a recepirlo con spirito critico. Anche la "pubblicità" è un nome femminile; in inglese, lo "spot",comunque, poi sono state a lungo le donne le referenti per antonomasia, perché a loro è storicamente spettato il ruolo di fare la spesa, di aggirarsi coi carrelli lungo le autostrade dei negozi, diventati poi centri commerciali, ovvero dei moderni luna park per famiglie e portafogli. 

Quanto all'opera, la sua astuzia risiede forse nella sua semplicità. La scritta, anche se incompleta, evoca un noto brand pubblicitario, quello della Coca Cola. Infatti se da "Coca" togliamo la prima lettera, otteniamo "oca", e in inglese avrebbe poco significato. Da noi invece, designa un animale ma anche un certo modo di vivere acritico e scialbo che alcune donne scelgono di "indossare". Il titolo ha un forte potere di indirizzamento. Una consumatrice obbediente non può sviluppare alcun senso critico, o non sarebbe più obbediente, e di certo sarebbe meno consumatrice. La sua condizione di "oca" la costringe fra le parentesi della...pubblicità.

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L'inconscio androgino (Je suis) 
L'inconscio androgino (Je suis) Tecnica mista su carta. 28x40 Anno 1979-84  
La lettera, l'immagine. Nella corsa alle libere associazioni, non ho potuto non pensare a Nadja di André Breton -1928- che inizia con una domanda: "Qui suis-je?" cioè chi sono? Quello è un testo surrealista, e fornisce diverse risposte alla domanda. Qui abbiamo un'affermazione. IO SONO. Il pronome è "maschile", stando al disegno, ma l'essenza è femminile. Anche se, mi sembra, questo riferimento sull'inconscio senza sesso, sia legato all' idea che si può essere artisti a prescindere dal sesso, e a patto di avere qualcosa da dire. Infatti il tema è quello dell'inconscio.
Dell'opera amo anche il senso del vissuto che proviene dall'umidità.

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Ti amo
Collage e letraset
70x50
1970 
“Am” evoca il suono onomatopeico dell’atto di mangiare, oltre che una fase infantile di apprendimento del linguaggio… forse è anche riconducibile al desiderio di “divorare” l’altro… masticarlo, farlo proprio. E non a caso, siamo come per "Oca", ai confini del linguaggio bulimico della pubblicità, che ha per fine primo ed ultimo, l'invito al consumo.

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Citare tutte le opere viste, renderebbe molto lungo questo percorso, e toglierebbe il piacere della visita al museo, quindi vi invito ad andare a Ripe, e a sfruttare la presenza di addetti ai lavori disponibili e preoccupati di rendere il museo uno spazio vivo, quindi è una bella esperienza da vivere, inoltre, vi porterete a casa degli argomenti nuovi su cui essere curiosi, o argomenti che già conoscete da ripassare, in ogni caso, mi sembra il caso.

Ho ceduto alla tentazione di interpretare cose dal mio punto di vista, ma tenendo conto le numerose citazioni che ho elencato, e i riferimenti di Simona al museo, e il tutto va inteso nell'ottica della citazione iniziale di Oliva, secondo il quale l'arte è una domanda, non una risposta, quindi ognuno deve porsi le proprie, e non è più così scontato che avvenga.

Infine:  “Il fenomeno della poesia visiva è "esploso" solo oggi?. E perché essa può trovare ospitalità perfino in quotidiani e rotocalchi? Almeno in parte la risposta risiede già nelle premesse da cui parte l'attuale avanguardia: un discorso artistico nuovo può non essere di necessità un discorso da iniziati. In sostanza si può fare della poesia nuova attingendo non a moduli e materiali linguistici istituzionalmente pertinenti all'universo di discorso poetico (vale a dire: la poesia è una cosa che nasce dalla poesia, fatta da gente che usa le regole poetiche per altra gente che conosce tali regole), ma utilizzando moduli e materiali linguistici ampiamente usati da una data comunità linguistica. Gli odierni linguaggi della comunicazione di massa, come quello giornalistico, pubblicitario, burocratico, commerciale e molti altri, vengono appunto largamente impiegati ed elaborati in alcune sperimentazioni poetiche della nuova avanguardia, anche se in questo caso si preferisce parlare, con calzanti espressioni, di superavanguardia o di poesia tecnologica. A tal proposito è stato osservato che si tratta ancora una volta di passare dal latino al volgare: d'altronde il problema del rinnovamento della struttura e della comunicazione poetica rientra in un più vasto e generale problema culturale.”da : www.poesianet.it, saggio di Lamberto Pagnotti. 

Mirella Bentivoglio.
http://www.dinoignani.net/mirella_bentivoglio.html
La foto è di Dino Ignani, e la riproduzione non sarebbe consentita.
Spero non se la prenda, anche perché questo non è un blog a scopo
di lucro, ma di diffusione.  In caso contrario, sarà rimossa.

LINK DI RIFERIMENTO: 
WWW.MUSEONORIDENOBILI.IT 
http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/mirella-bentivoglio/
http://www.treccani.it/enciclopedia/mirella-bentivoglio
http://www.amnesiavivace.it/sommario/rivista/brani/pezzo.asp?id=310

http://www.fondazioneberardelli.org/libri_artista.php poesia visiva e poesia concreta . Libro d'artista.
http://www.poesianet.it/materiali8.htm Saggio molto interessante a mio avviso di Lamberto Pagnotti.
Le vacanze intelligenti con Alberto Sordi e Anna Longhi. Divertente perché ironizza sulle reazioni dell'italiano medio davanti all'arte moderna, proprio in zona biennale. 

Nori De' Nobili 
Qui invece, ho parlato di Nori De' Nobili: 
...Quasi notte, clima mite, vento quanto basta. Suono di campane che ferma il tempo e lo porta da un'altra parte. Nei paesi è un po' così.
Ripe è un posto magico, perché magici sono i luoghi che ancora custodiscono castelli, testimoni di passati remoti e di fiabe, che tanto spazio hanno avuto nella mente di noi umani del secolo scorso, un secolo che non ha saputo rinunciare a fate e cavalieri... inclusi gli innumerevoli effetti collaterali che il secolo attuale ci sta aiutando a curare con dosi massicce di cinismo, nichilismo, chiusura verso il prossimo pur nella culla illusoria del web che tutti "lega", fra uno schermo e l'altro, senza contare il gelo delle intenzioni, che non vogliono andare oltre ciò che "serve" e fa comodo. Ancora effetti collaterali! perché ciò che serve è un concetto manipolato dall'alto, e può succedere che ci renda servi "a nostra insaputa", come va tanto di moda ultimamente.  
Anche il concetto di "interessi" è  destinato ad una quantità di ambigue sfumature. 
"Quello che non ho, è quel che non mi manca"  ma non è sempre vero, non per tutti... il resto sul link: 
...Sento di dover precisare che non ho scelto Nori perché donna, non per la pietà che si potrebbe avere per chi finisce recluso in manicomio, non l’ho scelta solo perché pittrice; l’ho scelta perché il giorno del nostro primo incontro, l’insieme della sua essenza, che tutto ciò include, ma non preclude il resto, è giunto a me, passando da un volantino visto in biblioteca e poi dimenticato, ritrovato per voce di un’amica che mi ha caldamente consigliato di andare a vedere questa mostra, e poi dal caso, che quel giorno mi ha portata a Ripe –Trecastelli- (Marche), e mi ha permesso l’incontro diretto con l’artista, con le sue energie –plurale- espresse a colori su tele, cartoni, compensati, fogli, e usando olio e tecniche varie. Di Nori, amo la complessità dell’intelligenza, che considero asessuata. L’amerei anche se in vita fosse stata un uomo.  Il resto si trova nel link che segue: http://lestanzeletterarie.blogspot.it/2015/03/nori-donna-tra-le-donne.html

Altri link dedicati a Nori De Nobili: 

In tempi duri dobbiamo avere sogni duri, sogni reali, 
quelli che, se ci daremo da fare, si avvereranno.
 Clarissa Pinkola Estés.

Nori, donna tra le donne. (15 marzo 2015)
Il viaggiatore viaggia solo, e non lo fa per tornare contento,
lui viaggia perché di mestiere ha scelto il mestiere di vento. 
-Mercanti di liquore - Il viaggiatore. 


Nori De Nobili (7 dicembre 2014)
Pallida fronte sotto scura chioma
occhi incavati in espression febbrile
torbido sguardo contro il mondo vile
tragica donna, che non fu mai doma. 
-Quaderni-

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